Jonathan Galindo, Blue Whale, Momo, Blackout e simili!
Cambiano i nomi ma il gioco macabro delle Challenge online prosegue, mietendo paure e vittime su persone deboli e piccoli cybernauti,, nascondendosi tra fake e triste realtà!
L’ultimo arrivo ha le sembianze di un Pippo fittizio, celebre personaggio della Disney, storpiate in un ghigno. Questo il volto di Jonathan Galindo. O, meglio, la maschera ed il nome dietro cui si nasconderebbero più individui che, sulla Rete, sarebbero pronti ad adescare giovani vittime inducendole a partecipare a un pericoloso gioco social.
Pericoloso perché prevederebbe atti autolesionistici — una dinamica simile a quella che si celava dietro a «Blue Whale»,
Anche du questo fenomeno — è bene chiarirlo subito — si sa ancora poco. Tante voci, molte bufale, continue smentite: ben poche certezze. Potrebbe essere una nuova minaccia proveniente dal web, ma il condizionale è necessario: anche perché, proprio su questo, è in corso una indagine della Procura di Napoli (che coinvolge anche la Polizia postale: leggete qui l’intervista al direttore, Nunzia Ciardi). L’ipotesi di reato sulla quale si muovono gli inquirenti è di istigazione al suicidio dopo che, nella città partenopea, un bambino di 11 anni si è tolto la vita, gettandosi dal balcone di casa. I contorni della vicenda sono ancora poco chiari, ma il nome del gioco online — Jonathan Galindo — ha iniziato a circolare sin da subito. Ed è per questo che è bene tentare di fare chiarezza.
Le sfide e le challange
A questo punto bisogna precisare che difficilmente dietro ai tanti profili creati si nasconda un’unica persona.
Il primo account risale al 2017: in particolare la diffusione di queste nuove sfide social sarebbe partita dal Messico, prima di raggiungere India, Vietnam, Spagna e Brasile.
È probabile, quindi, che la notorietà di questo profilo finto abbia spinto altre persone a emulare le azioni dell’account originale, portando così alla nascita di numerosi Jonathan Galindo.
La stessa cosa, dunque, sarebbe avvenuta anche in Italia: già a luglio alcune testate scrivevano che la minaccia era reale anche nel nostro Paese, vista la denuncia alle forze dell’ordine di una mamma preoccupata .
Come funzionerebbe
Le vittime sono adolescenti, tra gli 11 e i 13 anni, che vengono contattati sui social, principalmente nei giochi con la presenza di chat, Instagram, TikTok e Facebook.
Una volta entrati in contatto con Jonathan Galindo, quest’ultimo invia un link — attraverso il servizio di messaggistica delle app — per dare inizio al gioco che prevede sfide di coraggio fino a sfociare in atti autolesionistici.
I precedenti
Prima di Jonathan Galindo — ci sono stati altri «mostri» del web, come Slender Man che avrebbe convinto due ragazzine di 12 anni del Wisconsin ad accoltellare — fortunatamente senza ucciderla — una loro compagna di scuola.
Poi c’era stata Momo: nient’altro che una scultura realizzata dall’artista Keisuke Aizawa, che però, nel 2018, aveva invaso l’applicazione WhatsApp di numerosi utenti, come conseguenza di una catena: chi non avesse inoltrato il messaggio, infatti, sarebbe stato vittima di una maledizione da parte di Momo.
La vicenda dai contorni ancora poco chiari, quanto successo a Napoli, non resta che attendere l’esito delle indagini per capire se e come abbia inciso la figura di Jonathan Galindo.
Una cosa è certa, il web nasconde un lato oscuro che può nuocere ad i più deboli, invitiamo tutti i genitori alla supervisione dei dispositivi che utilizzano i propri figli, e se non ne sono in grado farsi aiutare!
Bufale o triste realtà?
Nel dubbio e conoscendo il lato oscuro del web, consigliamo di avere sempre la soglia d’attenzione alta!
Inoltre se i piccoli sono provvisti di un loro dispositivo smarphone/tablet alla supervisione tramite app per la supervisione come Google Family Link, l’app gratuita che protegge il dispositivo da minacce della rete, come contenuti video, app e tutto cio’ che potrebbe essere pericoloso o non adatto ad i bambini!
Informazioni e contenuti tratti da corriere.it